lunedì 25 novembre 2013

Prevenire e guarire le malattie cardiache senza farmaci è possibile

"Questo è un libro che dev’essere letto, sia dalle persone comuni interessate alla salute sia dai professori delle strutture cliniche e di ricerca medica. Le persone che ignoreranno il messaggio di Esselstyn, lo faranno a loro rischio e pericolo. Non ci sono meraviglie farmaceutiche o astuzie mediche, né ora né ci saranno in futuro, che possano raggiungere gli stessi risultati."

Con queste parole, tratte dalla prefazione di "Come prevenire e guarire le malattie cardiache con l' alimentazione", T. Colin Campbell (c'è bisogno di una presentazione?) mette subito il dito su una nota piaga: quella dell' ignoranza, dei pregiudizi e dell' inadeguatezza della classe medica tradizionale nell' affrontare le malattie degenerative, che si tratti di cancro, di patologie cardio-vascolari o altro.

Non mi piace ripetermi, ma come si fa a sorvolare su una grave pecca del servizio sanitario istituzionale, che segue una logica esattamente antitetica a quella  che sarebbe necessaria all' interesse della popolazione?

Per i medici tradizionalisti il farmaco e l' intervento chirurgico sono il fulcro imprescindibile della cura, mentre lo stile di vita, in cui la malattia ha le sue radici, viene preso in considerazione solo quando proprio non se ne può più fare a meno.

L' alimentazione poi merita tutto un discorso a parte, dato che è sempre stata l' ultima ruota del carro, e anche quando viene  considerata lo si fa con sconcertante superficialità e incompetenza, in base a teorie superate e viziate da pregiudizi culturali, piuttosto che sulla realtà scientifica più seria ed aggiornata.

Insomma tutto il contrario della concezione di quell' Ippocrate,  paradossalmente  citato spesso perchè unanimemente riconosciuto come il padre della medicina razionale dai nostri contemporanei, evidentemente ignari dell' essenza del suo pensiero contenuta nella celebre massima: "La tua medicina sia il cibo e il cibo la tua medicina".

Un esempio di quanto appena detto sono proprio le raccomandazioni ufficiali rivolte a chi ha qualche problema cardiovascolare da parte di  istituzioni come l' American Heart Association e il National Cholesterol Education Program, che suggeriscono di adottare una dieta con un 30% di calorie totali provenienti da grassi e di non superare i 200 mg/dl di colesterolo endogeno totale. Raccomandazioni abbastanza lontane da quelle auspicate dai migliori ricercatori in questo campo, che ammoniscono invece a mantenersi al di sotto dei 150 mg/dl per quanto riguarda il colesterolo, essendo risaputo che il 35% degli infarti avviene in soggetti con colesterolo totale compreso fra 150 e 200 mg/dl, e di limitare al 10% la quota ottimale di calorie contenute nei grassi.

La politica della moderazione, o del non-allarmismo, nel diffondere raccomandazioni dietetiche da parte delle suddette organizzazioni è stata aspramente criticata e a queste ultime, che temono (almeno secondo le giustificazioni ufficiali) di non essere ascoltate dal grosso pubblico, fornendo indicazioni troppo drastiche, il dr. Ornish e la sua equipe di ricercatori rispondono: "I nostri studi avevano lo scopo  di appurare ciò che è vero, non quello che la gente è disposta a mettere in pratica". Insomma ciò che si vuol affermare è che il pubblico ha comunque diritto ad una informazione corretta e onesta.

Ed è proprio di questi pionieri della ricerca scientifica, che si discostano dal pensiero e dalle politiche dominanti, che mi voglio occupare questa volta.

Mi sembra doveroso perciò iniziare ricordando quello che, pur non essendo medico, è da considerare l' antesignano nella lotta alle malattie da opulenza tipiche delle civiltà moderne, e cioè Nathan Pritikin, un ingegnere che fece molto clamore negli anni '70 e '80, quando edificò un vero impero commerciale grazie al suo "Pritikin Longevity Center", un centro residenziale presente in Florida e in California, dove con l' aiuto di un team di medici gli ospiti venivano (e vengono tutt'ora) istruiti a seguire uno stile di vita sano, secondo i risultati degli studi e degli esperimenti che Pritikin aveva condotto anche su di sè per aver sofferto di anomalie alle coronarie impossibili da curare coi rimedi tradizionali. 
Il Pritikin Longevity Center
Lo stile di vita in questione, che comprende anche esercizio fisico con uno specifico programma di allenamento come parte integrante, prevede una dieta semi-vegetariana, che limita cioè tutti i cibi animali, escludendo quelli più grassi, a favore di cereali integrali, legumi e verdure. La dieta, basata su cibi organici e non raffinati e all' insegna della massima semplicità,  esclude lo zucchero e
minimizza l' uso dei grassi,  del sale e di altri condimenti.

Un particolare significativo che mi preme evidenziare è che per la prima volta in questo programma non si fa alcuna raccomandazione di tipo quantitativo sull' assunzione di cibo, sollevando i pazienti dall' onere di dover conteggiare le calorie, nota ossessione di tutti i dietologi tradizionali, anticipando un concetto peculiare dell'  approccio olistico oggi sempre più seguito, e cioè che la qualità conta più della quantità.

Insomma, se gli alimenti sono quelli giusti e le proporzioni reciproche corrette non è necessario alzarsi da tavola ancora affamati.

Come si può vedere, si tratta di una dieta agli antipodi di quella standard americana, tanto che la si può considerare la versione "a stelle e striscie" della dieta mediterranea. Pertanto non deve meravigliare il  notevole successo  riscosso in tanti anni (grazie anche alla pubblicità dei libri divulgativi di Pritikin) in decine di migliaia di pazienti affetti dai disordini metabolici più comuni legati a stili di vita innaturali e caotici, dal semplice sovrappeso (ma anche obesità vera e propria)  alle varie cardiopatie, dall' ipertensione al diabete.
Nathan Pritikin

A questo primo tentativo di far luce sulle vere cause dei malesseri appena detti, ispirati proprio dalla positiva esperienza di Pritikin, sono seguite però più recentemente ricerche ben più sofisticate e approfondite da parte di veri (e rinomati) scienziati, come il dr. Caldwell B. Esselstyn, di cui parla ampiamente Colin Campbell nel suo strafamoso "The China Study" a pag. 125.

Questo cardio-chirurgo proveniente da uno dei centri specializzati più avanzati al mondo per le cardiopatie situato a Cleveland, Ohio (USA), ha un curriculum di assoluto rilievo, avendo pubblicato più di cento lavori scientifici, e fin dal 1985 non ha mai interrotto i suoi impegni in esperimenti e studi su un approccio alternativo a queste patologie, conscio del valore sintomatico delle cure convenzionali, oltre che degli altissimi costi sociali che esse comportano.

Il progetto che lo ha reso famoso, di cui parla nel suo libro già citato all' inizio di questo articolo, "Come prevenire e guarire le malattie cardiache con l' alimentazione", e che gli ha dato lo stimolo ad estendere il suo metodo ad un numero sempre maggiore di pazienti, ha interessato inizialmente 23 soggetti che si erano rivolti a lui per tentare l' ultima chance, in quanto gravemente sofferenti di varie forme di cardiopatie e che in precedenza avevano subito senza successo svariati interventi chirurgici, oltre all' uso di farmaci.

Data la durata record per un esperimento scientifico (circa 20 anni, secondo solo a "The China Study"), si è potuto così monitorare col rigore necessario l' evoluzione della condizione di ciascuno dei partecipanti dal momento in cui  decisero di adottare una dieta a base di cibi naturali senza grassi aggiunti e quasi del tutto vegetale (solo nei casi più gravi in aggiunta si era fatto un minimo uso di farmaci anticolesterolo).

Se si escludono cinque di essi che abbandonarono il programma nei primi due anni, nessuno dei rimanenti partecipanti sperimentò nuovi episodi cardiopatici in tutta la durata dell' esperimento, tranne uno. Si scoprì poi che questo aveva abbandonato la dieta per due anni, ma le conseguenze lo convinsero a riprenderla senza più accusare altri problemi.

Ma l' aspetto forse più rimarchevole dell' esperimento è l' aver dimostrato che le cardiopatie possono non solo essere bloccate, ma anche fatte regredire. Dopo 11 anni erano infatti evidenti nel 70% dei casi notevoli progressi nella pulizia delle arterie, che risultavano dalle angiografie quasi sgombre da intasamenti da lesioni aterosclerotiche.

La prova definitiva dell' efficacia dell' approccio dietetico è nel fatto che nessuno degli altri cinque partecipanti rinunciatari che avevano ripreso la terapia standard poteva vantare risultati paragonabili, anzi erano stati tutti vittime di nuovi eventi cardiaci.

Contemporaneamente sull' altra sponda degli Stati Uniti un altro insigne cardiologo, il dr. Dean Ornish, iniziava un esperimento simile ( anche di questo si parla nel "The China Study" a pag. 129).

Anche in questo caso si trattava quindi di seguire una dieta molto povera di grassi (10% delle calorie totali) e quasi priva di cibo animale, ma il programma comprendeva anche esercizio fisico e varie metodiche di controllo dello stress, come meditazione, esercizi di respirazione e di rilassamento.

I 28 partecipanti furono seguiti scrupolosamente parallelamente ad altri 20 che aderivano alle terapie convenzionali, e già dopo un anno nell' 82% dei pazienti del  primo gruppo si potevano riscontrare notevoli regressioni delle loro cardiopatie, coi migliori risultati che premiavano coloro che si erano attenuti più fedelmente al programma, mentre nel gruppo di controllo le condizioni si erano aggravate in un modo o nell' altro.

Non da meno è da considerare l' operato del dr. Hans Diehl che, dopo aver collaborato col Pritikin Center, ha fondato a  Loma Linda (California) il Lifestile Medicine Institute di cui è presidente.

Epidemiologo e ricercatore nel campo delle malattie cardiovascolari e dello stile di vita, ha lanciato negli Stati Uniti e in altri Paesi il Coronary Health Improvement Project (Progetto per il miglioramento della salute coronarica), un programma di educazione a stili di vita più salutari. Ha scritto anche libri e i risultati dei suoi lavori sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali.

Un altro luminare  degno di menzione è il dr. William Castelli che, potendo vantare una esperienza pluridecennale nel campo della ricerca cardiovascolare ed essendo stato a lungo direttore del Framingham Heart Study, un progetto di studi epidemiologici fondamentale e di importanza storica, iniziato molti decenni fa, si può considerare a pieno titolo un pioniere. Sulla base di questi studi è nato infatti il moderno concetto di "fattore di rischio", ormai diventato di uso comune negli studi di medicina.

Naturalmente anche il dr. Castelli è a favore di diete simili a quelle che abbiamo descritto.

Dulcis in fundo il dr. Stephen T. Sinatra, di cui mi sono già occupato , che, diversamente dagli esempi precedenti, punta più su  integratori naturali specifici per la salute del cuore, come il coenzima Q10, la carnitina ecc., pur appoggiando una dieta a base di cibi naturali vegetali.

Devo tuttavia far notare che non tutti sono d' accordo su queste diete troppo povere di grassi e praticamente prive di qualsiasi cibo animale, per i pericoli che possono comportare sulla salute generale a lunga scadenza. Ma di questo parlerò la prossima volta.

Michele Nardella

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