martedì 14 agosto 2012

Zoofarmacognosia, l' enigmatica e affascinante branca dell' etologia

Nel precedente articolo avevo illustrato le molte proprietà dei cibi fermentati e di come essi si siano rivelati provvidenziali per i nostri lontanissimi antenati, nell' aiutarli a superare le difficoltà che le prime forme di società umana dovettero affrontare.

A questo punto però sorge una legittima domanda: come potevano sapere dei primitivi, che non disponevano ovviamente delle moderne e sofisticate conoscenze scientifiche, che certe preparazioni miglioravano le loro difese immunitarie, rendevano i cibi più digeribili e nutrizionalmente più equilibrati e completi, che abbassavano la glicemia e avevano una maggiore conservabilità?


Certamente una risposta ben definita non c'è, ma un esempio  ampiamente plausibile di cosa possa essere avvenuto ci può venire dal comportamento degli animali, e in particolare dei nostri parenti filogeneticamente  più vicini: le scimmie.

Bisogna sapere che c'è una scienza che studia la capacità degli animali di usare piante e quant' altro a scopo farmacologico. E' abbastanza giovane, e forse anche per questo si chiama con  un parolone che la maggior parte della gente non ha mai neppure sentito pronunciare: Zoofarmacognosia.

Si tratta di una branca dell' etologia (studio del comportamento animale) ed ha caratteristiche multidisciplinari, essendo implicate la botanica, la farmacologia, l' antropologia, l' ecologia, la parassitologia e la fitochimica.

Non è da tanto che si è appurato che la pratica da parte di animali di servirsi di erbe, parti di piante, cortecce d' alberi, argilla e quant' altro per difendersi dai naturali parassiti, o per curare ferite, o disturbi vari, ma anche a scopo preventivo, è più diffusa di quanto si sia mai pensato. E non è prerogativa dei primati (l' ordine al quale noi stessi apparteniamo), anche se fra questi il fenomeno è più comune, o almeno il più osservato.

Si è visto così che gli scimpanzè utilizzano una lista di sostanze, per lo più foglie,  incredibilmente lunga.

Le più usate sono foglie del genere Aspilia, con proprietà antibiotiche, antimicotiche e antielmintiche, che questi primati ingoiano intere, senza masticarle, dopo averle arrotolate con la lingua.

In tal modo rimane intatta la struttura delle foglie, la cui superficie è ricoperta di minuscoli peli a forma di uncino. Sono questi infatti a intrappolare i parassiti intestinali e le loro uova e a far sì che vengano espulsi. In questo caso non si tratta dunque di un' azione farmacologica, ma meccanica.

Anche la Vernonia amygdalina, una pianta amarissima africana, è molto usata per motivi simili sempre dagli scimpanzè, che, dopo aver scartato le foglie,  ne masticano lo stelo, sputando poi la parte fibrosa.

Essi evitano così la parte più tossica, dando prova di sorprendente conoscenza, dovuta forse ad intuito di natura genetica, oppure a motivi culturali, e quindi di natura empirica.


In Etiopia i babbuini mangiano i frutti di Balanites aegyptiaca per combattere la schistosomiasi, una diffusa parassitosi.

Varie specie di scimmie, come le scimmie cappuccine del Costa Rica e gli orangutan, sono solite strofinarsi sul pelo certe erbe per difendersi da pulci, zanzare e parassiti, che prosperano nei climi tropicali.

E a proposito degli orangutan, questi simpatici scimmioni apprezzano molto un tipo di foglie che , se consumate fresche, risultano tossiche. Ebbene, sono riusciti ad aggirare l' ostacolo con una strategia che ha dell' incredibile: sotterrano le foglie, che in questo modo vanno incontro ad un processo fermentativo che ne neutralizza il potere tossico, e dopo alcune settimane le dissotterrano per consumarle.

Ma, come già detto, gli esempi di animali-dottori sono innumerevoli, e non si limitano ai primati, certamente i più evoluti amici a quattro zampe.

I gatti masticano foglie giovani di certe graminacee dal potere emetico, quando vogliono indurre il vomito per ripulirsi il tubo digerente.

Analogamente anche le carnivorissime tigri occasionalmente mangiano i frutti di Ziziphus jujuba a scopo purgativo.

I giaguari ricorrono ai semi di ayahuasca per eccitare i sensi prima della caccia.

C'è da notare che molti di questi rimedi naturali, parte dei quali rientrano nella loro normale alimentazione, sono usati anche dalle popolazioni indigene per curare le indisposizioni più diffuse, come dissenteria, parassitosi, ferite, malaria, infiammazioni, algie varie ecc.

Questi individui primitivi, essendo molto più a contatto con la natura di quanto lo siamo noi, e non avendo altre risorse, ne conoscono meglio i segreti, grazie all' acuta osservazione e all' imitazione dei modelli comportamentali animali, nonchè all' esperienza tramandata di generazione in generazione.

Come i Masai, gruppo etnico africano di nomadi dediti alla pastorizia, che hanno imparato ad usare una varietà di sostanze naturali, come erbe particolari dal potere antiossidante e la corteccia di acacia che, grazie al suo contenuto in saponina, abbassa la colesterolemia, per bilanciare la loro dieta fortemente connotata in senso animale (carne e soprattutto latte, mescolato spesso a sangue di bovini, ma usato anche fermentato).


Masai in una danza rituale
Questi soggetti infatti hanno suscitato curiosità e interesse da parte della comunità scientifica in quanto, nonostante la loro dieta non abbia nulla da spartire con quella mediterranea, non soffrono delle malattie cardiovascolari che affliggono invece noi "civili", e questo è dovuto anche al fatto che, essendo  per lo più nomadi, percorrono a piedi qualcosa come venti chilometri al giorno.

Insomma, alla luce di tutto ciò, sembra legittimo affermare che la medicina sia nata prima dell' uomo, e che gli animali siano più evoluti di quanto comunemente si pensi, essendo dotati di un misterioso sesto senso che noi umani abbiamo progressivamente perduto nel corso del tempo.

Lo straordinario sviluppo razionale che ha accompagnato e reso possibile la nostra evoluzione da cavernicoli  a persone civilizzate e tecnologiche ha richiesto come prezzo il sacrificio delle nostre facoltà istintive ed intuitive. Cosa avvenuta in modo particolarmente evidente negli ultimi quattro secoli, con l' avvento del Rinascimento e dell' Illuminismo poi.

E' cosa risaputa infatti che il processo di conoscenza segue due modalità opposte e complementari,  quella analitica e razionale, appunto, che contraddistingue il metodo scientifico, e quella sintetica ed intuitiva, caratteristica invece della filosofia e della religione.

Quest' ultima  si basa su una esperienza diretta, soggettiva, non intellettuale, della realtà, che scaturisce da uno stato di coscienza dilatato, ma a causa dell' egemonia  culturale scientifica nella nostra società, non è tenuta in grande considerazione, perchè non oggettivabile. Eppure è proprio ciò di cui abbiamo bisogno per correggere la deriva che l' umanità ha preso nella sua attuale corsa autodistruttiva.

Per ritornare al nostro discorso sulle erbe, oggi l' uomo sta paradossalmente imparando dagli animali ciò che probabilmente un tempo era perfettamente in grado di fare.

Egli ha indubbiamente perduto dei poteri, e gli unici superstiti di questo declino rimangono gli sciamani (o curanderos, come vengon chiamati in Sud America), ossia saggi-guaritori che fanno da tramite, mettendosi in stato di trance, fra il mondo materiale e quello spirituale, quello delle energie sottili, invisibili e impalpabili.

sciamano americano
Ma per capire questa realtà, troppo spesso frettolosamente giudicata come le balbuzie di una cultura primitiva da relegare nel campo delle superstizioni, bisogna entrare in un' altra dimensione a noi culturalmente ormai lontana.

l' aquila, simbolo ricorrente nelle tradizioni magico-religiose, come lo sciamanesimo

Nelle loro pratiche magico-religiose, queste specie di stregoni danno prova di grande conoscenza delle forze della natura, comprese le più disparate piante e altri rimedi naturali per aiutare chi si rivolge loro, e non solo per problemi di salute. Sostanze che essi stessi usano in certi casi, come l' ayahuasca, una pianta dal potente effetto psichedelico abbastanza nota nella regione amazzonica e nella cordigliera andina, di cui si servono per accrescere a livelli altrimenti inaccessibili la loro sensibilità verso il mondo degli spiriti.

In questo modo riescono ad ottenere indicazioni su come agire per risolvere il problema che sta a cuore.

Michele Nardella

5 commenti:

  1. molto..molto interessante...!!!non le sapevo ,queste...sapevo della sapienza degli sciamani,ma non dell'intelligenza di alcune razze da noi ritenute inferiori....che per me,inferiori non sono,ma diverse...da noi...

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    1. Grazie, e pensa che mi sono limitato a qualche esempio. Per ragioni di spazio non ho neanche accennato a delle scimmie che si strofinano sulla pelliccia un millepiedi tossico, che però le protegge dalle punture di insetti.

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  2. sempre molto interessanti i tuoi blog ;-)
    un grande saluto

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    1. Ti ringrazio di cuore. Spero di continuare ad averti sempre tra i miei lettori e di non deludere le tue aspettative.

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  3. MOLTO INTERESSANTE!F pensare che gli animali siano in comunicazione diretta conil mondo delle piante e ch ene percepiscano le proprietà..!

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