venerdì 30 settembre 2011

Il miraggio della ricerca scientifica (seconda parte)

articolo, presw Luglio 9th 2011

Nei miei ormai più di trenta articoli presenti su questo blog (www.membri.miglioriamo.it/unaltropuntodivista), come pure in altri che ho deciso di pubblicare su www.autodifesalimentare.it/blog, ho avuto spesso occasione di mettere in evidenza i limiti intrinseci del metodo scientifico e  quanto esso sia ancora oggi sopravvalutato, nonostante la sempre maggiore evidenza delle sue falle.

E dato che non ho mai ricevuto obiezioni, critiche o richieste di chiarimenti, insomma commenti di qualsivoglia genere, potrei presumere che sia tutto chiaro a tutti.

Qualora così non fosse, e tanto per ribadire ciò che non fa mai male ripetere, data l’ importanza cruciale, questi limiti si possono riassumere in una eccessiva frammentazione del sapere che porta inevitabilmente a perdere di vista il legame che sottende i vari elementi.

Una conoscenza, quella scientifica, che si arricchisce sempre più di giorno in giorno, ma che, a dispetto della ridondanza dei suoi dati, non si sa paradossalmente gestire e soprattutto indirizzare a fini realmente utili per l’ umanità, e questo sia per la mancanza di un criterio sicuro, costante ed applicabile sistematicamente in ogni campo, che ci consenta di capire le correlazioni esistenti nelle miriadi di dati a disposizione, sia per la mancanza di un fine etico.

E il numero di persone convinte che la scienza, o meglio, lo scientismo, sia alla base della disfunzione culturale che si esprime nella crisi evidente in tutti gli aspetti della nostra società  è in continuo aumento.

Riallacciandomi dunque alla prima parte di questo articolo, che verte sulla ricerca scientifica in medicina, e per portare più prove possibili a dimostrazione di quanto i meriti della scienza, almeno in questo campo, siano sopravvalutati, voglio passare in rassegna quelli che sono i motivi cruciali, secondo me e non solo, da cui ha origine il diffuso ottimismo che si nutre nei suoi confronti.
Tanto per cominciare, direi che c’è una netta confusione tra correlazione e causa, quando si prendono in considerazione sintomi e malattie che si crede di essere riusciti a sconfiggere.

Spesso convinzioni molto comuni che si danno per scontate, perchè “scientifiche”, in quanto accettate a livello ufficiale (seppur di propriamente scientifico abbiano spesso ben poco), sono decisamente erronee.

Ad esempio, l’ allungamento dell’ aspettativa di vita verificatosi in tutti i Paesi moderni, che si attribuisce al progresso medico, è solo un dato statistico tutto da interpretare, e non è necessariamente conseguenza di quella circostanza, che in realtà ha svolto un ruolo solo marginale, soltanto perchè questa conclusione appare di primo acchito la più plausibile.

Esso è dovuto piuttosto al drastico calo della mortalità infantile (che incide enormemente a livello statistico), a sua volta in relazione con la riduzione della povertà nei Paesi più avanzati, con un’ alimentazione più ricca e col miglioramento dei servizi sociali.

Lo dimostra il fatto che sono proprio le popolazioni che vivono nelle condizioni più indigenti al mondo a detenere i tassi più elevati di mortalità infantile.

E questo spiega anche, per completare quanto detto nella suddetta prima parte, il vero motivo per cui le malattie per le quali furono messi a punto i primi vaccini erano già in declino quando questi vennero introdotti nell’ uso di massa.
Ma la nuova eclatante scoperta era così seducente che fu facilissimo attribuirle meriti non realmente dimostrati.

Un altro motivo importante che induce molto facilmente, direi automaticamente, a sopravvalutare il progresso scientifico è un comune equivoco, che porta a considerare ogni acquisizione nel campo del sapere e ogni avanzamento tecnologico  sinonimo di beneficio per l’ umanità.

Scoprire un virus, un gene, un enzima implicato in un punto chiave del metabolismo non significa aver capito la “causa” di un problema, secondo il banale ragionamento comune al quale non sfuggono nemmeno gli scienziati.

Gli elementi che sono oggetto di indagine scientifica sono infatti solo tasselli, per quanto significativi, di un puzzle molto meno evidente, ma ben più complesso e gravido di implicazioni di quanto si possa credere.

E questo ci riporta al primo punto su cui mi sono poc’anzi soffermato a proposito della confusione tra correlazione e causa.

Perciò accumulare maggiori informazioni su una data patologia, o eventualmente sviluppare nuove tecnologie per contrastarla, non significa necessariamente comprenderla in tutta la sua dimensione reale, nè avere in tasca il rimedio più efficace, per non parlare della prevenzione…

E per esemplificare i termini della questione voglio riportare due autorevoli affermazioni  antitetiche (fra le cinque citate da Fritjof Capra  nel libro “Il Punto di Svolta“) che rivelano altrettanti modi di interpretare il progresso medico:

“Noi abbiamo sviluppato le migliori ricerche biomediche nel mondo, e la nostra tecnologia medica non è seconda a nessun’altra.” (John H. Knowles, Presidente della Rockefeller Foundation) ;

“Ci rimane approssimativamente lo stesso elenco di importanti malattie comuni che il Paese doveva fronteggiare nel 1950 e, anche se nel frattempo abbiamo accumulato su alcune di esse una quantità notevole di informazione, questo accumulo non è ancora sufficiente per consentire  la prevenzione o la cura di alcuna di esse.” (Lewis Thomas, Presidente del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center).

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E’ evidente che si tratta di giudizi che partono da angolature diverse: nel primo caso ci si riferisce alla mole di conoscenze e scoperte accumulatesi nel campo della ricerca scientifica, che sono effettivamente considerevoli ed indiscutibili, e in alcuni casi persino superiori alle aspettative; nel secondo, invece, si mette in evidenza che di fatto l’ umanità non ne ha concretamente beneficiato molto, in quanto, come appena detto, tutte queste conoscenze e tecnologie non necessariamente comportano un miglioramento nell’ applicazione pratica.

A tutto ciò bisogna aggiungere poi che non tutte le notizie divulgate ufficialmente hanno sicuro fondamento:

Uno studio del 2005 pubblicato su Jama (il giornale dell’ Associazione  dei Medici americani) rivela che almeno un terzo dei risultati della ricerca farmacologica viene successivamente smentito o ridimensionato. E questo per motivi vari e a volte sospetti.


Ma il punto più scottante dell’ intera questione che mi preme mettere bene in evidenza è che l’ idea stessa di ricerca in biologia e medicina e di come è gestita si basa su presupposti errati, perchè figlia diretta dell’ antiquata concezione meccanicistica-newtoniana.

Bisogna sapere infatti che tutti gli scienziati, in quanto ferventi riduzionisti, pensano esclusivamente in termini funzionali: essi sono interessati sempre e soltanto a scoprire come si arriva ad un dato risultato oggettivo, come si giunge necessariamente ad ottenere un certo effetto, e mai a  capire il perchè, le condizioni che lo hanno reso possibile, il suo significato.

Perciò sono convinti che individuando tutti i meccanismi biochimici che portano ad una data condizione, passaggio dopo passaggio, si può modificare quella condizione intervenendo in un punto cruciale della catena mediante un farmaco, o qualche altro tipo di manipolazione, per correggere quanto c’è di indesiderato.

Ma il modello rappresentato da una catena lineare di reazioni (cioè in sequenza causal-temporale), che ancora domina l’ approccio scientifico ortodosso, si è dimostrato, grazie alle teorie della fisica quantistica, eccessivamente semplicistico.

In realtà ogni elemento di qualsiasi catena metabolica è inserito in una intricata rete di azioni e retroazioni (intendendosi per retroazione, chiamata più spesso feedback, quella proprietà dell’ ultimo anello di una catena di reazioni di influenzare il primo, e quindi in definitiva di esercitare un controllo sull’ intero processo), perciò intervenire su uno specifico di questi elementi non significa influenzare solo quello immediatamente successivo, ma scombussolare un pò tutto l’ equilibrio dell’ intera rete, proprio perchè ogni elemento in ogni stadio di quel processo  in qualche modo interagisce con molti altri fattori.

E le modalità di queste interazioni non sono per niente facili da capire. Impossibile, direi, col metodo analitico, in quanto esse avvengono simultaneamente, e non secondo il principio di causalità.

Solo la concezione olistica può dare un contributo decisivo a questa problematica.
Del resto questa visione delle cose, essendo stata avallata dalla fisica quantistica, è assolutamente compatibile con una mentalità scientifica.

Quanto appena detto spiega benissimo perchè ogni farmaco comporta potenziali effetti collaterali, di cui quelli riconosciuti ufficialmente sono solo una parte, essendocene a volte di imprevedibili.

Ma a prescindere dagli effetti collaterali, la malattia tenderà comunque a riorganizzarsi, prima o poi, in altre forme e ad un altro livello, per poter ristabilire l’ adattamento che le era stato impedito dall’ intervento farmacologico.

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 Insomma è molto facile far passare per progresso l’ apparente successo di isolati episodi nel far sparire i sintomi di qualche patologia, senza preoccuparsi di valutare lo stato di salute complessivo dell’ intera popolazione, gli effetti a lungo termine e la qualità della vita in generale.

Ed è su questo che giocano, in buona o mala fede, i rappresentanti della scienza, quando spiattellano col solito accento trionfalistico i loro sorprendenti risultati, ma nessuno si chiede mai perchè la nostra società è diventata un inferno, perchè malesseri sociali come la violenza in tutte le sue forme, perversioni sessuali, il sempre maggiore ricorso all’ alcool e alla droga, madri che ammazzano i propri figlioletti, gente che si mette alla guida ubriaca o drogata, con tutte le conseguenze del caso, individui che improvvisano stragi in luoghi pubblici senza apparente motivo, bullismo e altri disturbi comportamentali, nella mentalità comune di anguste vedute (alla quale non sono certo estranei nemmeno gli “esperti”) non sono neppure percepiti come disturbi della salute. Al massimo vengono attribuiti allo “stress della vita moderna”, che è diventato ormai l’ asso nella manica col quale si tende a spiegare quasi tutto.

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Non voglio fare con tutto ciò dell’ oscurantismo, dando l’ impressione di essere un ottuso retrogrado che rifiuta la scienza per principio, ma se alcuni farmaci sono comunque da considerare irrinunciabili in certi casi di emergenza, e tali rimarranno, non è certamente questa la strada maestra che porta ad una società più sana, che passa invece attraverso l’ educazione e la responsabilizzazione del singolo individuo, che dovrà rendersi il più possibile autonomo sviluppando la sua consapevolezza.

Del resto tutti i saggi sono concordi nel sostenere che tutto ciò di cui abbiamo bisogno esiste già dentro di noi e nella natura, se sappiamo guardare, cercare… ma noi ci aspettiamo sempre di trovarlo in qualche illusoria diavolerìa frutto dell’ ingegno umano.

So che queste considerazioni suoneranno un pò retoriche, e magari utopistiche, e quasi non volevo esprimerle, ma mi rendo conto che obiettivamente non c’è molto da dire a questo proposito, non essendoci altra alternativa per creare una società migliore che creare individui migliori.

In questa prospettiva ovviamente un ruolo determinante lo dovrebbero svolgere gli approcci alternativi olistici, che andrebbero controllati, sviluppati ed incoraggiati, e non ostacolati, come invece è stato sempre fatto da parte della medicina ufficiale, che vuole evidentemente mantenere la sua egemonia.

Ed è persino superfluo ricordare di smettere di fare donazioni alla ricerca, che va boicottata senza esitazione.

Come ho avuto modo di affermare in un mio precedente articolo, “Big Pharma, la mafia legalizzata“, la ricerca è solo un pretesto per mettere in commercio sempre nuovi farmaci, che spesso non differiscono significativamente da quelli vecchi, se questo serve ad incentivarne il consumo.

E poco importa se sulle principali patologìe che affliggono la società, contrariamente a quanto vogliono farci credere, se ne sa già abbastanza (e quindi senza bisogno di ulteriore ricerca) da poter svolgere, nella maggior parte dei casi, una efficace opera di prevenzione adottando stili di vita sani: molto meglio delegare sempre tutto alle solite stupide pillolette magiche.

Voglio dunque concludere con un’ altra citazione di Fritjof Capra, tratta anche questa dal suo “Il Punto di Svolta“, che riassume in pochissime parole il contenuto del presente  articolo:                                                                                                                                                                       
Un numero crescente di persone, tanto dentro quanto fuori del campo medico, ritengono che le carenze dell’ attuale sistema di cure sanitarie siano radicate nella cornice concettuale che sostiene la teorìa e la pratica medica, e sono giunte a credere che la crisi persisterà finchè non verrà modificata questa cornice.”

Michele Nardella

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