giovedì 22 settembre 2011

Fast food, che passione! (seconda parte)

articolo, presw Agosto 19th, 2011






Come si può capire, e come accennavo all’ inizio (vedi prima parte dell’ articolo), il film “Super-size me” ha suscitato una certa eco (e non poteva essere altrimenti) soprattutto in USA, il Paese dalle grandi contraddizioni, dove tutto è eccessivo, tutto si esprime ai massimi livelli, nel bene e nel male, e che incarna meglio di ogni altro la filosofia del più cinico materialismo consumistico, senza tanti riguardi per l’ ambiente e le sue risorse.

Ed è stato proprio sulla scia di questo film che McDonald’s si è decisa ad apportare qualche piccola modifica ai suoi menù, eliminando soprattutto l’ opzione “super-size” per i suoi hamburger e altre pietanze, ossìa le maxi-porzioni, davvero esageratamente abbondanti, mentre la Wendy’s, altra catena  di ristorazione analoga alla suddetta, ha arricchito la sua offerta con più insalate e  alleggerito un pò  i suoi fritti e il contenuto di grassi saturi dei piatti più pesanti.

Bazzecole, se si pensa che il documentario in questione non era certo il primo attacco alla multinazionale, che conta nel mondo un impressionante numero di nemici tra i più oltranzisti, come il contadino francese, sindacalista e capopopolo Josè Bovè, un attivista no-global e anti-OGM noto per la sua irruenza e determinazione, assurto agli onori della cronaca e alla fama soprattutto per aver osato smantellare un centro McDonald’s in costruzione a Millau assieme ad un manipolo di gregari.

Da molti anni infatti il marchio americano è nel mirino di ambientalisti, no-global, vegetariani e di chiunque non “digerisca” i suoi hamburger (fra i quali Paul McCartney e George Harrison, che hanno anche finanziato una campagna), tutti agguerriti contestatori che diffondono dai loro siti web feroci campagne denigratorie, oppure organizzano sit-in e volantinaggi spesso proprio davanti ai famigerati punti di ristorazione oggetto della loro protesta.

E’ stata persino istituita la “Giornata Mondiale di Azione contro McDonald’s“, che si tiene ogni 16 ottobre, con varie manifestazioni pubbliche, con tanto di striscioni e il solito volantinaggio, per sensibilizzare la gente comune.

  

In questa guerra contro la indiscussa regina dei fast food, ormai da tempo diventata il simbolo della globalizzazione e dell’ imperialismo economico, è però molto difficile sfidare il colosso americano in una causa civile, dati gli enormi costi che un privato dovrebbe sostenere, cosa che tuttavia è riuscita a due attivisti inglesi (peraltro squattrinati) di un movimento ambientalista, chiamati in giudizio appunto dalla McDonald’s nel 1990 con l’ accusa di diffamazione per essere stata discreditata per anni dai messaggi contenuti nei loro volantini.

E’ quello che è ricordato col soprannome di ”processo McLibel” (in riferimento a libel=diffamazione, in inglese), il più lungo della storia dei processi civili in Gran Bretagna: 313 giorni!

Purtroppo la sentenza, arrivata nel giugno 1997, fu sorprendentemente favorevole alla McDonald’s, nonostante il giudice avesse riconosciuto la fondatezza di buona parte dei capisaldi accusatori formulati nel volantino denigratorio.

Accuse che mi sembra, a questo punto, decisamente  opportuno precisare, soprattutto per quanti pensano che le conseguenze delle McAbbuffate riguardino solo il giro-vita.

Se invece vogliamo vedere anche la parte sommersa dell’ iceberg, allora dobbiamo considerare anche gli aspetti meno ovvi di quella che è l’ industria del cibo malsano per antonomasia, ma a cui di certo non si pensa  ogni qual volta si spalanca la bocca per poter addentare l’ ennesimo famigerato mega-hamburger.



E se tali aspetti sono spesso ignoti o trascurati dal comune consumatore, nel contestare il gigante americano tutti i suoi avversari sono invece d’ accordo nell’ attribuirgli i seguenti capi d’ imputazione:

-Pubblicità non veritiera sulle virtù e soprattutto sulla salubrità dei suoi prodotti, come qualsiasi qualificato, aggiornato e disinteressato nutrizionista può confermare.
-Plagio nei confronti dei bambini, che vengono lusingati con vari stratagemmi per condizionarli a frequentare solo i centri McDonald’s (obbligando ovviamente anche i loro genitori ad accompagnarli) e affezionarcisi, diventando così clienti a vita.
-Deforestazione di ingenti aree, con grave danno all’ ambiente, per la coltivazione del foraggio destinato all’ allevamento degli animali che poi finiranno sulle tavole dei fast food.
-Aggravamento delle condizioni già precarie in cui versano le popolazioni del terzo mondo, tenute in ostaggio per dover produrre le materie prime e i generi alimentari destinati alla multinazionale, a scapito di generi di prima necessità per la propria sussistenza.
-Inquinamento e sperpero di risorse ambientali (si pensi solo a tutto il materiale plastico e cartaceo per contenitori e confezioni e alla bassissima resa nella produzione di cibo animale rispetto a quello vegetale).
-Sfruttamento del lavoro minorile, dipendenti sottopagati e sfruttati, che non possono appoggiarsi ad alcuna organizzazione sindacale, a causa della politica ostruzionistica di McDonald’s.
-Crudeltà verso gli animali , che vengono allevati ed uccisi in condizioni terrificanti degne di un lager nazista, per divenire cibo McDonald’s.
-Omologazione dei gusti e della cultura “yankee” in ogni parte del mondo, a scapito delle tradizioni locali.
  
Chiusa la digressione, torniamo dunque al nostro processo.

 A causa dell’ indubbio danno d’ immagine subìto dalla McDonald’s  per essere stata finalmente (almeno in parte) sputtanata in pompa magna, la vittoria morale di questa storica causa arrise  dunque ai due “sprovveduti” ambientalisti, il cui tono dimesso (jeans e t-shirt) e la presenza di un solo avvocato in loro difesa stridevano in aula di tribunale con lo stuolo di avvocati in giacca e cravatta della corporazione americana, particolare che faceva pensare a una versione in chiave moderna del mitico scontro tra Davide e Golìa.

Nonostante tutto, da allora (1997) i fast food hanno continuato la loro scalata al successo, diventando sempre più numerosi e frequentati in tutto il mondo.

E ad esser più precisi, è da molto prima che il modo di nutrirsi degli americani è fra i temi sociali più dibattuti, arrivando persino ad imporsi all’ attenzione a livello governativo, quando già nel lontano 1977 la Commissione d’ Inchiesta del Senato Americano per la Nutrizione e i Bisogni Umani redasse il famoso rapporto “Dietary Goals for the United States” (ben presto divenuto oggetto di ostruzionismo da parte dell’ industria alimentare, come si poteva prevedere), che si proponeva di dettare le linee guida per un’ alimentazione più equilibrata.

Eppure in tutto questo arco di tempo che ci separa le abitudini dietetiche dell’ americano medio non hanno subìto di certo scossoni, anche se il movimento naturalista in tutte le sue forme ha fatto i più grossi passi avanti proprio nel Paese a stelle e striscie.

E se questo conferma quanto dicevo all’ inizio a proposito delle contraddizioni del Paese più ricco del mondo, non è facile capirne le ragioni.

Mi sono chiesto molte volte come mai quando scoppiano casi come quello della “mucca pazza“, o dell’ influenza aviaria, fino ad arrivare al batterio killer dei giorni nostri si viene a creare presto una specie di psicosi colletiva, che porta alla logica conseguenza, se non di un crollo, sicuramente di un’ allarmante flessione nei consumi degli alimenti incriminati, mentre in assenza di allarmi ufficiali questo non avviene, pur essendo spesso coscienti che certe abitudini sono dannose.

Sono giunto così alla conclusione che le ragioni siano molteplici e complesse, e non è mia intenzione soffermarmici adesso, ma nel caso specifico della McDonald’s (et similia) è più facile individuarle se si considera  che i locali sono vicini e comodi  da raggiungere, e quindi molto pratici  per i lavoratori che dispongono di una breve pausa-pranzo, o semplicemente per chi vuol trovare tutto pronto e non vuole “perdere tempo” a cucinare. Perchè si sa, oggi tutti vanno di fretta e nessuno ha mai tempo per niente (soprattutto per le cose più importanti).

Oltretutto i McPasti sono anche economici, e ciò spiega anche il perchè dei bassi salari per chi lavora in questa compagnia.

Poi c’è il fatto che McDonald’s punta molto sulla vulnerabilità dei bambini nel subìre condizionamenti e messaggi subliminali.

Infine bisogna riconoscere il potere dei sapori accattivanti (almeno per chi è abituato ad alimentarsi in un certo modo) nel creare dipendenza, rafforzato probabilmente dall’ onnipresenza dello zucchero, aggiunto in qualsiasi pietanza e bevanda, anche dove non ci si aspetterebbe di trovarlo.

Già, perchè per chi non lo sapesse, il comune zucchero sviluppa dipendenza, come è stato scientificamente accertato, perciò è da considerare una droga a tutti gli effetti. La droga più diffusa al mondo, l’ unica legalizzata.



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Così, di fronte a così tanti vantaggi immediati, e magari alla prospettiva di passare una piacevole serata in compagnia, la gente è più disposta a soprassedere di fronte al rischio di metter su qualche chilo di troppo, dato che, nella (sotto)cultura dominante, alla cattiva alimentazione si associa sempre  il sovrappeso e poco altro, come dicevo nella prima parte dell’ articolo.

  

Per concludere, voglio aggiungere in appendice due curiosità.

Per poter smaltire tutti gli eccessi della maratona mangereccia e ristabilirsi completamente, il signor Spurlock dovette mettersi a dieta per cinque mesi, assistito dalla sua compagna che gli preparava amorevolmente i suoi pasti tutti rigorosamente vegetariani.

E se pensate che mangiare da McDonald’s significhi solo caricarsi di grassi saturi, colesterolo, sale e zuccheri, ed esser carenti di fibre, vitamine e minerali, è bene leggere attentamente  quest’ ultima notizia per fugare ogni possibile dubbio sul fatto che i prodotti McDonald’s sono naturali come può esserlo un pezzo di polistirolo:

In un esperimento atto a testarne lo stato di conservazione, un hamburger McDonald’s è stato messo a confronto con un prodotto analogo, di quelli che si vendono nei chioschi, tenendoli entrambi a temperatura ambiente per 11 giorni. Si è potuto così constatare che, mentre il comune, anonimo tramezzino al termine del test si presentava ricoperto di muffe, emanando un odore nauseabondo, il nostro McDonald’s sembrava quasi appena sfornato.

Nessuna meraviglia, se si pensa che, ad esempio, una foglia di insalata viene sottoposta a venti trattamenti con additivi chimici affinchè le sue caratteristiche organolettiche (colore, croccantezza, freschezza e quant’altro) possano soddisfare gli standard richiesti, e perchè i vari prodotti possano presentarsi sempre rigorosamente uguali in tutti i 30000 punti di ristorazione disseminati nel mondo.

Michele Nardella

 2 Comments to “Fast food, che passione! (seconda parte)”
  1.   gianni | Agosto 30th, 2011 at 10:16 pm e
    Inutile dirlo, tutto quello che proviene dagli USA è OGM, specie dove non c’è una etichetta per poter verificare le varie fasi della crescita degli animali, i mangimi utilizzati ecc., ma forse sono un po’ prevenuto su questo.
    Convengo che lo zucchero è un alimento che dà dipendenza (ne so qualcosa in via diretta dei danni che provoca) ed è effettivamente usato in tutti i cibi anche come destrosio, come amidi, come saccarosio(il tradizionale zucchero bianco). Lo troviamo negli insaccati, nei formaggi, nei latticini, nelle bevande, nelle pastelle per friggere le pietanze.
    Viene usato anche per togliere il gusto acidulo delle preparazioni culinarie, vedi per esempio il sugo al pomodoro. Oltre atutte le bibite in commercio, anche in quelle dichiarate prive di zucchero aggiunto.
    Non a caso il cibo MC Donald è definito “cibo spazzatura”.
    Nei centri commerciali, dove è presente, purtroppo, si vedono intere famiglie, ragazzi e bambini piccolissimi che mangiano, senza rendersi conto che il loro organismo soffrirà per poter digerire quegli “intrugli”.
    Complimenti per l’articolo, è un sunto del percorso storico del sistema distributivo McDonald’s, ben fatto.
    Ci vogliono articoli così, per aiutare o meglio per stimolare le persone a valutare il loro stile di vita, se poi pensano che tutto va bene ….., va bene.
    Cordiali saluti
    Gianni
  2.   Michele Nardella | Settembre 1st, 2011 at 8:55 am e
    Grazie Gianni, per le tue puntualizzazioni e per i complimenti.
    Un caro saluto.

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